Aglianico, Nerello Mascalese e Nero di Troia: Tre modi di vedere il Sud
di Giuseppe Barretta
L’evento Vinitaly and the City in Calabria per la prima volta fuori da Verona, tenutosi in un luogo di gran fascino come gli scavi archeologici di Sibari ha impressionato, per organizzazione, bellezza, e numero inaspettato di partecipanti, circa 18.000 presenze in tre giorni, 100 stand compreso alcune collettive di produttori di vino, che hanno fatto registrare un livello di soddisfazione altissimo, anche tra operatori di settore e giornalisti.
Radici del Sud non poteva mancare a questo nuovo appuntamento, occupandosi da 20 anni di vini autoctoni del Meridione d'Italia, motivo per cui ci siamo sentiti subito a casa in una manifestazione sul vino di fama internazionale, organizzata nel cuore del Sud.
Considerando il nutrito numero di etichette presenti allo stand di Radici del Sud, oltre 110 in rappresentanza della Sicilia, Calabria, Sardagna, Puglia, Molise, Campania, Basilicata e Abruzzo, il viaggio dei wine-lover tra gli autoctoni alla scoperta delle differenze delle varie micro aree ci ha parecchio coinvolto in quei giorni di assaggi, dove abbiamo cercato di far fronte alle tantissime richieste, curiosità e opinioni dei tanti visitatori, visto che la gran parte dei vini del Sud in degustazione al nostro stand erano per tanti nuove scoperte.
Il livello qualitativo raggiunto dai vini del Sud Italia è ormai diffusamente riconosciuto. Fermo restando che il processo per rafforzare il loro posizionamento e convincere i consumatori del Sud e fuori dal Sud, richiede continuità e tenace perseveranza nelle azioni di promozione per generare successivamente la commercializzazione al fine di colmare nel più breve tempo possibile il ritardo acquisito rispetto ad altre realtà nazionali già consolidate da tempo sui mercati mondiali. L’unica strategia che accelera il processo di posizionamento dei vini del Sud è la coesione progettuale sotto un grande brand riconoscibile e inimitabile: Sud Italia. Non è mai stato un percorso semplice per i produttori del Sud proporsi come “Sud”, per vincere le sfide dell’era globale e per affermarsi sui vecchi e nuovi mercati internazionali, ma resta senz altro l’unica strada percorribile per diventare soprattutto la prima meta culturale ed enogastronomica del Mediterraneo.
Oltre al coordinamento e alla gestione dello stand con le degustazioni dei vini del Meridione d’Italia siamo stati sollecitati dall’organizzazione del Vinitaly and the City per proporre al pubblico una masterclass sui vini del Sud, ed abbiamo immaginato una masterclass non solo di assaggi di vini straordinari, ma soprattutto che servisse a riflettere sulle nostre produzioni come rappresentazione della tenacia, della resilienza e della continua capacità di innovarsi e di essere allo stesso tempo produttori di vini che sanno ben preservare l’identità senza cedere definitivamente all’effetto globalizzazione.
Abbiamo quindi scelto di comparare iun pezzo di Sud attraverso tre grandi vitigni a bacca rossa: Aglianico, Nerello Mascalese e Nero di Troia, il titolo era “Tre modi di vedere il Sud” già sold out diversi giorni prima dell’inizio dell’evento.
La degustazione, guidata dagli organizzatori Nicola Campanile e dal sottoscritto, insieme a Gianluca Tesse, wine specialist della cantina Giancarlo Ceci, e all'avvocato Nicola Piluso, proprietario di Tenuta del Travale, dopo la presentazione delle cantine, dei territori e dei vini selezionati (3 vini per vitigno), è entrata nel vivo partendo dal Nerello Mascalese.
NERELLO MASCALESE: UN’ICONA DEL VINO SICILIANO
Il Nerello Mascalese è un autoctono siciliano dell’Etna. Originario della piana di Mascali, deve il suo nome a questa zona e risale alla colonizzazione greca. Coltivato ad alberello, metodo ideale per i terreni scoscesi e pietrosi dell’Etna, tradizionalmente presente nella Sicilia nord-orientale, presente anche in Calabria. Il periodo della vendemmia è solitamente in ottobre.
Variazioni Geografiche: Sicilia vs. Calabria.
Sull’Etna, il Nerello produce vini eleganti e complessi, con tannini fini e una vivace mineralità vulcanica. Il profilo aromatico include frutti rossi, spezie e note terziarie come cuoio e tabacco. In Calabria nel Cosentino, il Nerello Mascalese dà vini più robusti, con frutti neri e una struttura tannica più marcata. La maggiore concentrazione di zuccheri porta a vini più alcolici e intensi.
I Nerello Mascalese in degustazione:
Tenuta del Travale, Esmen 2021 – Calabria
Rubino luminoso. Naso elegante, ricco, bacche selvatiche, un tocco di rabarbaro, fiori rossi macerati, radice di liquirizia spunti ferrosi. Palato fresco, teso, sorso pieno, con tannini ben definiti e decisamente lungo.
L’Ottava Isola Etna, Rosso DOC 2019 - Tenuta di Castellaro
Rosso rubino, fine al naso, aromi di sotto bosco, fiori e frutta rossa, note di un mix tra tabacco e liquirizia.
Sorso sottile, con note minerali, spezie dal finale disteso. L’Etna c’è, con la sua preponderante mineralità.
Turi Vini dell'Etna, Turano Etna Rosso 2019 – Sicilia
Rosso rubino impeccabile, un naso articolato tra piccoli frutti di bosco, ricordi erbacei, ciliegia e riservate note speziate.
Palato elegante, tannino perfettamente integrato, note minerali che danno velocità e lunghezza al sorso.
Considerazioni Le differenze regionali tra Sicilia e Calabria conferiscono a questo vitigno una versatile gamma di espressioni, mantenendo sempre una salda identità seppur fortemente condizionata dal terreno di origine.
C’è una differenza di fondo nei vini delle due regioni: il territorio dell’Etna rilascia un marcata impronta di mineralità, considerando il suolo lavico che sovrasta le caratteristiche del vitigno. Mentre nel territorio Cosentino il Nerello Mascalese, come evidenziava l’avvocato Piluso di Tenuta del Travale esprime maggiormente le caratteristiche del Nerello viste le caratteristiche dei terreni: argilla, ghiaia, roccia e sabbia.
NERO DI TROIA: L’ANTICO GIOIELLO DELLA VITICOLTURA PUGLIESE
Il Nero di Troia, noto anche come Uva di Troia, è uno dei vitigni autoctoni più antichi e distintivi della Puglia, radicato soprattutto nella parte settentrionale della regione, tra le province di Foggia, Barletta-Andria-Trani e Bari. Le sue origini sono avvolte nel mistero e nelle leggende. Secondo la tradizione, il Nero di Troia sarebbe stato introdotto in Puglia dagli antichi Greci durante l’epoca della Magna Grecia. Un’altra teoria, meno diffusa, collega il nome “Troia” non alla città omerica, ma all’omonimo borgo nella provincia di Foggia, suggerendo un legame più locale.
Il Nero di Troia è il cuore pulsante di alcune delle denominazioni di origine più prestigiose della Puglia, come il Castel del Monte Nero di Troia Riserva DOCG. Grazie all’impegno dei produttori locali, questo vitigno è oggi riconosciuto a livello nazionale e internazionale come simbolo della rinascita enologica della regione, rappresentando un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione.
I Nero di Troia in degustazione:
Bio Bonizio, Piovanello 2019 – Puglia
Si distingue per il suo colore rosso intenso, aromi complessi di frutti rossi e violette. Al palato, il vino è robusto e raffinato allo stesso tempo, ma disteso, prolungato dalla beva contagiosa.
Cantine Rivera, Puer Apuliae 2017 – Puglia
Il bouquet olfattivo è ricco di note floreali e fruttate, dominate da piccoli frutti neri, anice stellato e sentori di sottobosco.
Al palato, offre una struttura piena e avvolgente, con tannini ben integrati e una lunga persistenza che richiama la ciliegia e la liquirizia. Persistente, lungo ed elegante da bere a boccate larghe.
Giancarlo Ceci, Felice Ceci 2012 – Puglia
Naso articolato, ricco: frutti neri come marasca, prugne, pepe e lunghe note balsamiche. Il sorso ha spessore, eleganza, calore e lunghezza, La struttura ricca di tannini, mai aggressivi anzi gradevoli. I 12 anni donano classe e glosità..
Considerazioni Oggi, il Nero di Troia è sinonimo di vini ricchi, complessi, che si distinguono per bouquet aromatico di frutti rossi, spezie e un gusto pieno e strutturato, con tannini potenti ma ben integrati. Con il passare degli anni, questi vini sviluppano una complessità ancora poco conosciuta, rivelando note terziarie di cuoio, tabacco e cacao. Questo processo di evoluzione li rende particolarmente adatti all'invecchiamento, con una longevità che li posiziona tra i grandi vini del panorama enologico italiano.
AGLIANICO: UN TESORO DEL SUD ITALIA
L’Aglianico è uno dei vitigni più antichi e pregiati d’Italia, coltivato principalmente in Campania e Basilicata. Le sue origini risalgono alla Magna Grecia, con il nome “Aglianico” derivante probabilmente da “ellenico”. Durante l’epoca romana, era tra i vini più apprezzati, utilizzato per produrre il celebre “Falerno”. Testimonianze storiche di Orazio e Plinio il Vecchio elogiano la qualità di questo vino. Due delle denominazioni più celebri legate a questo vitigno sono l’Aglianico del Vulture e il Taurasi, entrambe DOCG. Se potessimo riassumere l'Aglianico della Campania in un unica definizione lo distingueremmo per eleganza, complessità, tannini robusti, acidità vivace dal bouquet ricco di frutti scuri, spezie e note terziarie. L’Aglianico della Basilicata, in particolare del Vulture, offre carattere, potenza e mineralità. Noto per i suoi tannini marcati e la mineralità vulcanica unica, esprimendo così un profilo più rustico con aromi di frutta matura, erbe selvatiche e sentori affumicati.
Gli Aglianico in degustazione:
San Salvatore 1988 Omaggio a Gillo Dorfles 2019 – Campania
Il vino rosso rubino, con sfumature granato. Profumi di ciliegia sotto spirito preponderante, poi speziato e balsamico, caldo, avvolgente, tannino levigato e di grande freschezza. Sorso di spessore e tanta vita d'avanti a se.
Cantine del Notaio Il Sigillo 2016 – Basilicata
Rosso rubino con riflessi granato, scuro, cupo al naso pur giungendo al naso note di frutta rossa in confettura, viola, pepe nero, tabacco ed un leggero mentolato. Netta nota di sapidità al palato, freschezza, corpo pieno, Vino lungo e persistente.
Di Prisco Taurasi 2015 – Campania
Il vino ha una tonalità rosso rubino intenso, ed evolve verso sfumature granato. Al naso, l'impatto è profondo e stratificato: aromi di viola, poi amarena, prugna, mora, ben intrecciati con note di chiodo di Garofano, cacao, caffè e cioccolato fondente.
Al palato è elegante e pieno, sorso avvolgente con misurata acidità che dona ad ondate freschezza e lunghezza. Tannini definiti ed eleganti. Il Sud nella sua interezza.
Considerazioni:
l'Aglianico regala vini che possono sfidare il trascorrere degli anni, guadagnando in complessità e profondità. L'ampiezza del bouquet aromatico, che può spaziare dai frutti rossi maturi alle note balsamiche, fino a sentori speziati e affumicati, conferma la straordinaria duttilità di questo vitigno. Al palato, la struttura è sempre avvolgente, sostenuta da un equilibrio tra potenza e finezza che rende ogni sorso un viaggio sensoriale.
Conclusioni: "Tre modi di vedere il Sud" ha offerto un’immersione tra i vitigni autoctoni del Meridione d'Italia, evidenziando la forte influenza e l'armonica integrazione tra territorio e vino. Il Nerello Mascalese, sia siciliano che calabrese, colpisce per la sua versatilità, passando da eleganza vulcanica dell'Etna alla maggior robustezza calabrese; Il Nero di Troia, simbolo della Puglia, ha colpito per la sua complessità aromatica e la sorprendente capacità di evolversi e conservare anche eleganza nell'invecchiamento; l’Aglianico, tra Campania e Basilicata, ha affascinato per la sua struttura potente evidenziando capacità d' invecchiamento inimagginabili crescendo di fascino con l'invecchiamento.
9 espressioni di tre vitigni capaci di sedurre ad ogni età ma il tempo senz altro donerà a tutti un potenziale, un fascino che probabilmente ancora poco conosciamo.
Un ringraziamento va a tutti i produttori che hanno preso parte alla manifestazione: qui i nomi delle aziende.
Alcuni scatti della serata:
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